La pinza è uno dei dolci ereditati dalla storia contadina di povertà e tradizioni delle nostre famiglie. Ieri ho chiesto a mia zia Silvana di passarmi la ricette che lei ha ereditato della pinza dei Bonettoni, direttamente dalle maestrie della nonna Carmela.
I Bonettoni
La mia famiglia paterna conosciuta oggi come Campaner, era la famiglia dei Bonettoni fino ai primi anni ’70, fino a quando non hanno lasciato la casa patronale. Ancora oggi qualcuno conserva il cognome Campaner detto Bonetto, noi dobbiamo ringraziare qualche impiegato dell’anagrafe che ce l’ha levato. A Campobernardo erano conosciuti come i Bonettoni, perchè erano tanti. Una famiglia enorme che viveva in un unica casa, in mezzadria dei siori Tommaseo.
Una famiglia che da sempre era abituata a fare con ciò che si aveva, ma sempre rispettando le tradizioni. La pinza si faceva in occasione delle feste, destinata per la sera del Pan e Vin. Momento sacro della vita contadina, durante il quale si bruciava ciò che del raccolto era scarto e on serviva. Tipo le canne e i scartozzi rimasti dalla raccolta del mais. I resti della potatura dei salici, quello che non si usava per fare scope o i “venchi” per potare le viti. Intorno al fuoco si celebrava una ritualità, io direi anche molto pagana, quella della previsione del nuovo anno, data dal flusso delle faville del fuoco, guidate dal vento.
Se e faive va a mattina, magna e bevi e sta in cusina, se e va a sera metti su a caliera, se e va a garbin ciol su el sac e va al muin.
Ogni famiglia naturalmente ha i suoi detti e soprattutto in ogni zona geografica cambiano a seconda di dove si è posizionati. Per capire la ritualità uno dei canti a canone che venivano continuamente cantati era: evviva a sanità del pan e vin. Come se il fuoco risanasse terra e famiglia.
La storia delle sette pinze
Quando ero bambina mia nonna mi diceva che portava bene mangiare almeno sette tipi di pinza diversi. Ogni anno per me era una sfida, superare il record che spesso andava sopra i dieci tipi.
La storia delle sette pinze nasceva per gli scapoli di famiglia, che dovendo cercare moglie, veniva loro consigliato la sera del Pan e Vin di mangiare almeno sette pinze diverse. Per mangiare sette tipi di pinza dovevano passare sette case, sette famiglie, sette possibilità di incontrare donzelle.
Credo mia nonna avesse già previsto che per me trovare marito fosse difficile, introducendomi nella pratica delle sette pinze. Io invece ero già sulla strada della degustazione e mi applicavo dando voti e preferenze. Cara nonna trovare marito è una causa persa con me.
La pinza dei Bonettoni
Tornando alla pinza, in casa fino a che c’era la nonna era di sua competenza, mancata la nonna, mia mamma ci ha provato. Nonostante sia una brava cuoca, la pinza non le riesce e quindi per noi la pinza resta quella della zia Silvana. La pinza dei Bonettoni, perché si sa che ogni famiglia ha la sua ricetta, i suoi segreti e le sue abitudini.
La cosa interessante è che ogni famiglia fa con quello che ha, poca roba, la base di solito è polenta, zucca, uvetta e fichi, noci, nocciole, mela, arancia, zucchero, grappa. Queste le costanti di ogni ricetta.
Decido così di chiamare mia zia per farmi dare la sua ricetta, non voglio vada persa e vorrei venisse conservata come tradizione in famiglia.
Ciao zia, mi potresti dare la ricetta della pinza che la conserviamo come tradizione?
Non esiste una ricetta della pinza, mi fae a ocio.
Ok, puoi dirmi i passaggi giusto per capire cosa metti dentro e come si fa.
Fa co quel che te ha!
Fa co quel che te ha (fai con quello che hai), credo sia il motto della mia famiglia!
Sono riuscita comunque a farmi dare un po’ di idee, il resto ho messo io e ora la pinza è in forno.
Ingredienti per la pinza dei Bonettoni
- zucca
- farina da polenta
- latte
- acqua
- burro
- zucchero
- fichi secchi
- uvetta
- arance
- mela
- grappa
- sale
- farina 00
- semi di finocchio
Procedimento
Preparare cotta la zucca a vapore o in forno e passarla con il passaverdure per renderla purea.
Mettere a bollire metà acqua e metà latte con un pezzetto di burro, far sobbollire e aggiungere farina da polenta, bianca o gialla, quella che hai. Far cuocere per cinque minuti una polentina morbida.
Mettere in ammollo l’uvetta con acqua e grappa (si grappa avete capito bene).
Tagliare i fichi a pezzetti.
Tritare nocciole e noci a pezzi grossi.
Grattugiare la scorza dell’arancio e spremerla.
Grattugiare la mela o anche due.
Mettere in una ciotola, la polentina con la zucca, aggiungere fichi, uvetta scolata, noci e nocciole, la scorza e il succo dell’arancio e la mela. Aggiungete anche i semi di finocchio che io ho dimenticato 🙁
Impastare aggiungendo zucchero a piacere, sale, un bicchierino di grappa e farina 00 “fin che ciama”. Impastare e assaggiare, per vedere se manca zucchero o sale.
L’impasto deve essere consistente da rimanere attaccato. Preparate la teglia del forno con carta e versate l’impasto, una bella spolverata di zucchero semolato sopra e via in forno a 180° per un ora e mezza circa.
Chiedete se è venuta bene la mia… sentiremo le sentenze di Fiore e Beppa peggio degli ispettori Michelin.
Monica