Se c’è una cosa che mi mette davvero fastidio, è il classificare il mangiare bene sotto la categoria “costa tanto”. Perché non è assolutamente così, si può Mangiare bene spendendo il giusto. Neppure spendendo poco, perché eticamente non è corretto, ma spendendo il giusto, cioè ciò che vale.
La polemica insorta in questi giorni indifesa di chi fa le ricette “facili” con i prodotti preparati e di discount, a mio avviso ha creato ancora più confusione e se volete senza chiarire in modo intelligente l’importanza di un alimentazione sana, buona, etica, stagionale ed equilibrata.
Ho letto degli articoli che difendevano questa cucina fatta di prodotti scadenti e per niente economici, parlando dei numeri di famiglie che vivono sulla soglia della povertà. Abbinare la povertà al mangiare cibo scadente, è la cosa più sbagliata e meno etica al mondo.
Il principio del cibo
C’è un concetto che dovrebbe essere basilare nelle nostre vite e soprattutto di chi ha delle responsabilità verso gli altri, sia che siano genitoriali, di assistenza e di responsabilità sociale e civile, ed è il concetto dell’alimentazione come priorità vitale. Oggi il concetto dell’alimentazione viene affiancato per forza a costi e tempo, questo perché non è la prima preoccupazione che abbiamo.
Se la nostra prima preoccupazione e il mantra che guida le nostre vite fosse: siamo quello che mangiamo, cioè quello che introduciamo nella nostra bocca e transita all’interno del nostro corpo diventa noi. Io quindi sono quello che ho mangiato.
Se mangio bene è molto più elevata la possibilità che io stia bene.
Se mangio male, il mio corpo è più esposto alla possibilità di stare male.
Fate un paragone con il mondo animale se volete, al modo in cui una madre recupererà il nutrimento per i propri cuccioli, andrà a cercare il peggiore, a cacciare quello che costa meno fatica o saprà scegliere il boccone migliore per farli crescere?
Il valore dell’alimentazione
Allora perché il cibo nella scala dei valori e delle priorità economiche e di tempo, nelle nostre giornate e nel budget non ha così tanta importanza?
Perché non trovo il tempo per cucinare del cibo buono e sano se questo può farmi stare bene?
Perché scelgo di prendere del cibo scadente sapendo che lo introdurrò nel mio corpo?
Attenzione questa non è sempre e solo una scelta economica, ma spesso è una scelta di priorità.
Sarebbe facile capire dove destiniamo le priorità, vale per tutti, basterebbe monitorare una giornata calcolando i tempi che abbiamo speso per fare magari delle cose non necessarie, mentre magari potevamo investirli per cucinare.
C’è anche una diseducazione generazionale nel stare in cucina, come se fosse una pratica dove solo si consuma e non si cura. C’è una grossa differenza di fra le due azioni.
Consumare un pasto ha un significato negativo, che porta al deterioramento di esso.
Curare un pasto ha un significato positivo, che ha con sé un attenzione verso l’insieme.
Stare in cucina è prendersi cura di sé stessi e degli altri attraverso una cosa importante che è l’alimentazione, ma è anche un atteggiamento di protezione e di interesse. Diventa anche dialogo intergenerazionale, di relazione, di scambio e la cura dell’altro la si impara anche in cucina.
L’economia domestica
Ciò che manca principalmente è un metodo di economia domestica, una specie di istruzione di base che spieghi come si può sopravvivere, anzi vivere bene e godere anche del cibo spendendo il giusto, a volte anche molto poco.
Per esempio come gestire una dispensa e di conseguenza:
- come fare una spesa oculata e organizzata;
- come preparare e conservare il cibo per più giorni;
- come investire dei soldi in contenitori o altre attrezzature per conservare il cibo e cuocerlo in modo che non deteriori;
- come approfittare delle offerte, delle eccedenze di stagione, senza riempire la dispensa di cose che andranno buttate via;
- come leggere le etichette per scegliere un prodotto piuttosto che un altro;
- come imparare dove e quando fare la spesa;
- come applicare la creatività in cucina recuperando ingredienti.
Questa manca perché siamo figli della rivoluzione dell’industria alimentare.
Perché non ci chiediamo più se la pasta sfoglia si può fare in casa, pensiamo che sia solo in rotolo al supermercato, al massimo quadrata o tonda. Perché pensiamo che discount voglia dire per forza economico, ma non è sempre così, spesso vuol dire anche molto scadente o prodotto da molto tempo.
Perché spesso ci facciamo affascinare dal prezzo e non facciamo caso alla confezione che magari troppo grande o troppo piccola.
La povertà non è scadente
Le famiglie povere o chi comunque è in difficoltà, non deve adattarsi a mangiare cibo scadente. NO.
Le persone vanno aiutate a imparare a mangiare spendendo il giusto, a fare una spesa oculata, a scegliere le materie prime eccellenti che non vuol dire per forza care.
Dobbiamo anche mangiare un po’ meno, abbiamo le dispense e i frighi che scoppiano e abbiamo un sacco di patologie che sono dovute da una cattiva ed eccessiva alimentazione.
Il cibo scadente incide anche sulla sanità pubblica, educare le persone a mangiare bene aiuterà le persone a stare bene. Una vita sana è una vita che chiede meno interventi della medicina, che avrà meno bisogno di cure e di farmaci. Una vita sana sarà più longeva, avrà persone adulte più autonome.
La storia ci dice
Io sono cresciuta con una nonna del 1908 che aveva patito la fame da profuga durante la prima guerra mondiale. Quando si è sposata si è ritrovata in una famiglia di una sessantina di persone e ad un certo punto lei cucinava per tutti. Non l’ho mai sentita dire che il loro cibo era scadente, l’ho sentita dire che a volte era poco, ma che si divideva in base alle necessità delle energie delle persone.
Non mi ha mai detto che mangiavano male, mi ha detto che magari non mangiavano spesso alcune cose.
Sapeva perfettamente come organizzare una lista della spesa, cosa comprare e cosa no.
Praticava il riciclo di ogni cosa, gli “avanzi” erano un piatto che andava mangiato.
Praticava la conservazione delle eccedenze, perché quando è il momento dell’abbondanza non si spreca, si conserva.
Mia nonna mi ha insegnato anche l’accoglienza, che dove c’è cibo per uno c’è cibo per altri, perché il compito di nutrire il prossimo è una responsabilità civile e sociale e non include che il cibo sia per forza scadente.
Il cibo proviene dalla Terra
C’è infine un aspetto che a me sta particolarmente a cuore, che non ricordiamo mai abbastanza che il cibo proviene principalmente dalla Terra. Il ruolo delle aziende agricole, degli allevatori, di chi oggi si preoccupa che il cibo non passi solo come un prodotto che viene confezionato e messo sullo scaffale, ma che sia parte integrante di un ambiente, non può essere solo una questione di prezzo. Anche se questo ruolo un prezzo lo deve avere ed è un prezzo equo, giusto e accessibile.
Il prezzo equo deve essere quello che vale le ore di lavoro di chi coltiva o alleva e deve essere un prezzo etico che sia rispettoso. Il giusto non deve neanche celarsi dietro ad etichette che spesso hanno fatto pensare che magari solo perché c’è scritta quella cosa debba essere più caro. Deve essere un prezzo accessibile soprattutto su alcuni alimenti quotidiani, questo per non farli diventare elitari come prodotti.
Conoscere le aziende agricole andando ad acquistare direttamente, scoprendo cosa avviene in campo, magari partecipando dove e quando è possibile, ci pone in un atteggiamento diverso verso il cibo stesso. Più rispettoso e più giusto. Più obiettivo e meno solo da consumatori, diventiamo partecipi anche di un futuro più ampio.
Il mio lavoro in buona parte è quello di divulgare dei valori e delle conoscenze, raccontare ed educare.
Non voglio insegnare la vita a nessuno, ma accompagnarvi ad una riflessione seria si, perché credo che chi si prende la briga di scrivere e parlare di cibo pubblicamente, debba anche sentirsi responsabile di ciò che dice.
Monica