Negli ultimi giorni mi sono trovata spesso a parlare di cibo, alimentazione e cucina intesi come scelta quotidiana di vita, ne ho parlato con produttori, persone che un po’ circolano nel mondo del cibo, ma anche coloro che non hanno niente a che vedere con questo mondo.
Apparentemente non ne hanno a che fare, perché la questione è che tutti mangiamo ogni giorno e per molti la fortuna è più volte al giorno e quindi quotidianamente scegliamo simbolicamente da che parte stare.
La nicchia
La presa di coscienza di questi giorni è che noi, io e altri con cui parlo frequentemente, che facciamo parte di un mondo che parla di gastronomia, rischiamo di parlarci addosso, di parlare fra di noi e siamo davvero pochi.
Mi e ci siamo resi conto di parlare ad una nicchia di persone, un gruppetto ristretto che vuole sapere cosa mangia, da dove arriva, come mangiare bene non solo dal punto di vista gustativo, ma anche rispetto alla salute, all’etica e alla sostenibilità.
Ma spesso ci parliamo un po’ addosso, spesso guardiamo con una sorta di disprezzo chi non la pensa come noi.
I Gastrofighetti
A lato c’è un altro gruppo di persone, anche qui molto ristretto che invece guarda anche nel cibo solo alle eccellenze: dop, igp, presidi, prodotti unici e via via. È sbagliato? no.
No, se però sei coerente, cioè è inutile cercare le cose con il marchio, se poi le mescoli con cose scadenti. Sarebbe come andare a mangiare una volta alla settimana allo stellato e gli altri giorni mangiare cibo da discount. C’è anche un grosso rischio di tagliare fuori dai discorsi chi non li conosce questi mondi e non si sente mai all’altezza. Quello che a DOI, podcast che vi consiglio di ascoltare, chiamerebbero “gastronaziolanismo”, una forma di esclusività che se non si pareggia con una buona dose di inclusività, fa più male che bene.
È un po’ pararsi la faccia come fanno certi fast food inserendo nei loro panini una fettina di formaggio dop. Una fettina in mezzo a mezzo chilo di cibo di dubbia provenienza, anche un po’spazzatura o junk food, chiamandolo con il nome giusto.
Questa è spesso una critica che viene fatta anche a chi come me da tempo è socio Slow Food e ne parlavo in questi giorni con soci storici, con i quali abbiamo condiviso anche questo pensiero e ci siamo auto analizzati: siamo esclusivi o inclusivi?
Il resto del Mondo
Oltre a questi due gruppi c’è il mondo: una percentuale elevatissima di persone che si cibano più volte al giorno senza porsi alcuna domanda. Dove il cibo ha solo lo scopo di carburare un organismo che deve andare avanti, saziare delle esigenze, rispondere a dei bisogni calorici e spesso seguire delle mode. Il cibo non è centrale nelle scelte quotidiane, ma è collaterale anzi quasi un fastidio da risolvere quotidianamente.
Quindi non implica una scelta pensata, una domanda essenziale che dovremmo farci tutti, cosa stiamo mangiando? e quanto importante è per noi quello che mangiamo?
Spesso le due grandi tematiche sono: il tempo non sufficiente per niente di ciò che riguarda l’alimentazione e il denaro non sufficiente per cibarsi in modo corretto.
Ma intorno ci sono altre domande importanti la prima è la salute, la seconda è l’etica, la giustizia, la solidarietà, la politica, l’economia e l’ecologia. Tutte queste macro aree sono attraversate dalle nostre scelte quotidiane sul cibo.
Che strato sei?
Questa è la riflessione che un po’ mi tormenta in questi giorni e mi immagino questi enormi paninozzi, che possono avere molti strati, tutti buoni o tutti scadenti.
Tutti scelti bene o scelti a caso, oppure misti.
Mi immagino che ognuno di noi possa essere uno strato di questo enorme panino.
Mi immagino che possiamo mangiare il panino senza sapere che gusto ha, oppure notare un gusto particolare all’interno.
Sceglierlo vegetariano, con carne, pesce, senza glutine o lattosio.
Gourmet o assolutamente “onto”.
Quello che dobbiamo pensare è di essere uno strato di questo panino, uno strato che può essere insignificante, ma anche fondamentale.
Tu che strato vorresti essere? Io già lo so.
Quello che non dobbiamo scordarci è che ognuno ha la possibilità di arricchire o impoverire questo pasto.
Possiamo renderlo più solidale o più esclusivo.
Più giusto e meno condiviso.
Possiamo essere unione o divisione, qui sta il bello!
Mi piacerebbe da qui raccogliere delle impressioni, quindi se volete scrivermi a monica@monicacampaner.it ne sono felice.
A presto.
Monica